Ho conosciuto Francesca Surano in uno degli incontri/lezione che si sono svolti presso il Mercato Centrale della Stazione Termini a Roma a fine 2019 promosso dalla torrefazione Mondicaffè. In quell’occasione ha parlato di caffè, qualità e sostenibilità sia della produzione che delle vendita con il Progetto Umami.
Da quel momento ho pensato che una chiacchierata con lei avrebbe sicuramente arricchito di contenuti questo blog, così è nata questa piccola intervista che riporto qui.
Francesca, ci racconti il tuo lavoro?
Il mio lavoro consiste nello svolgere prestazioni di consulenza professionale sul caffè. Organizzo corsi di formazione professionale sul caffè sin dal 2015 seguendo il programma formativo riconosciuto a livello internazionale di SCA con il team di Umami Area . Sono molto impegnata in attività no profit volte alla sensibilizzazione del consumatore e alla diffusione della cultura del caffè di qualità. Studio e viaggio molto per arricchire le mie conoscenze, specialmente nei Paesi di produzione del caffè dove è nato il progetto di sostenibilità in piantagione Umami Area Honduras del quale sono socia. È un progetto di ricerca e produzione di caffè fondato sull’etica, la sostenibilità e la qualità della materia prima.
Ci puoi descrivere il contesto storico e sociale che stiamo vivendo, e come questo influisce sul consumo del caffè?
Il contesto storico sociale in cui viviamo e l’accesso agevolato alle informazioni aumentano nel consumatore la consapevolezza e il bisogno di vivere sano e in modo sostenibile. Accade quindi che le attività commerciali che operano nel mondo del caffè di conseguenza necessitano di Know How per rispondere prontamente alle nuove esigenze di mercato, nasce quindi il loro bisogno di ricevere supporto e consulenza tecnica. La nostra attività di diffusione della cultura del caffè sensibilizza il consumatore che è spinto a chiedere un prodotto diverso e di conseguenza porta l’azienda a doversi adeguare.
A che punto è in italia, da pare dei consumatori, la conoscenza del prodotto? Gli italiani sanno distinguere una buona tazza di caffè da una con difetti sensoriali?
Ti rispondo parlando di due concetti a me molto cari: la qualità e la sostenibilità. Il consumatore ha diritto di bere una tazza di caffè che porti con se una profonda conoscenza della filiera di produzione. La responsabilità sociale della filiera di produzione deve viaggiare di pari passo con il piacere di bere una tazza di caffè priva di difetti sensoriali.
E’ importante che il consumatore inizi a pretendere di ricevere informazioni sul caffè che compra al supermercato o che consuma al banco del bar. Tutti hanno diritto di conoscere la provenienza del caffè e il suo processo di lavorazione. È altresì importante che il consumatore si riappropri delle proprie capacità sensoriali per riconoscere ciò che è difettato e individuare sapori come quello della terra, della muffa, del marcio, della gomma bruciata, o il sentore di amaro che purtroppo nei nostri bar è diffusissimo!
Il mio lavoro di formazione e informazione è diretto anche verso il consumatore finale. Gli incontri che ho realizzato presso il Mercato Centrale di Roma erano finalizzati proprio a questo, generare educazione, cultura e consapevolezza per saper riconoscere la qualità del caffè.
Come sarà il futuro del caffè dopo questa crisi?
Di sicuro ci sarà una rottura di schemi e abitudini e probabilmente un ritorno alle tradizioni forse anche un po’ rivisitate. Ci sarà maggiore consapevolezza legata all’opportunità di riflessione che ci sta dando questo periodo.