Questo post è diverso da tutti gli altri, non intendo più importante, a qualsiasi contenuto che pubblico do la stessa rilevanza e attenzione, ma per la prima volta dopo tanto cercare sono riuscito a farmi una chiacchierata con un professionista del modo del caffè che lavora in prima persona nelle piantagioni e conosce profondamente il processo di coltivazione delle piante di caffè. Lui è Adriano Cafiso, e di tutte le interessantissime cose che mi ha detto nella lunga intervista c’è anche quella della coltivazione del caffè in Sicilia. Lo immaginate un caffè coltivato e tostato in Italia? Sarebbe una cosa spettacolare!!
Leggendo il post scoprirete che un pianta di caffè (arabica) vive moltissimi anni e che le piantagioni di caffè sono investimenti a lunghissimo raggio. Naturalmente Adriano ama la moka e il suo profumo!
Ciao Adriano, quando hai iniziato a occuparti di caffè?
Ho iniziato a occuparmi di caffè nel 2007, nel 2008 l’Università di Catania (dipartimento di merceologia delle risorse naturali) mi ha patrocinato un progetto sul ciclo di vita (LCA) di un caffè coltivato nella selva centrale peruviana da un punto di vista sociale, economico e ambientale.
Ora qual è il tuo ruolo? Di cosa ti Occupi?
Negli anni ho esportato caffè da tredici paesi diversi tra sud e Centro America, Africa e Asia trasferendomi a vivere all’estero soprattutto nei paesi di produzione. Mi occupo sia di processi in piantagione che di promozione di caffè di qualità.
Coltivare il caffè in Sicilia è possibile? Quali risultati avete avuto finora?
A determinate condizioni è possibile coltivare il caffè in Sicilia. Soprattutto importante è l’utilizzo di una serra (magari riutilizzando quelle abbandonate visto che in generale sono contrario) per il freddo del periodo invernali e alcuni reti rifrangenti per il caldo del periodo estivo.
Miglioramenti dei risultati ne abbiamo avuti grazie all’utilizzo di insetti utili (per combattere il ragno rosso), minerali (Potassio, Zinco, Magnesio) e dei batteri che aiutano l’assorbimento degli stessi. Abbiamo anche introdotto le api.
Specie coltivate: Arabiche (Bourbon rossa Colombia, Caturra e Pacamara Perú, Heirloom Etiopia) e Canephora
(Velvet India), siamo molto interessati alla Stenophylla (Sierra Leone) che sappiamo adattarsi a basse altitudini anche se la fruttificazione avviene solo dopo tanti anni
Abbiamo (a Santa Croce Camerina) raccolto, processato (una volta lavato e una volta honey) e poi tostato piccole quantità che sono servite alla profilazione del caffè in tazza abbiamo rilevato sentori di arancia e mandorla e una leggera salinità che comunque caratterizza il prodotto
Parlaci delle caratteristiche principali delle piante del caffè, quanto vivono?
Le piante di arabica dovrebbero sopravvivere cinquanta sessanta anni anche se la produzione migliore avviene dopo quindici o venti anni. Le piante di robusta sono più longeve e possono arrivare a cento anni. Le arabiche si sviluppano per circa 6/7 metri ma abbiamo proceduto ad un taglio dell’astone principale a circa tre metri anche per facilitare la racconta. Le piante di robusta possono arrivare a 12/14 metri. Alle arabiche può essere fatta una potatura ad “Albero di Natale”. Alla robusta più a “ombrello”
Quali sono le nazioni o le zone che stanno lavorando bene sul caffè?
In tutti i paesi dove si lavora il caffè c’è un miglioramento nei processi. In India in questi anni si è fatto passi da gigante nella lavorazione del caffè (è storicamente ha il vantaggio di aver iniziato prima di altri) di fatto dal punto di vista agronomico sono tra i migliori produttori di caffè forestale. È veramente difficile trovare oggi in India piante di caffè senza ombra o in mono-piantagioni. La coltivazione in un sistema forestale permette tantissimi vantaggi, tra cui il mantenimento della biodiversità, la possibilità di coltivare negli stessi spazi altri prodotti (frutta, spezie e legumi), una lotta al cambiamento climatico e alle avversità atmosferiche e la riduzione significativa di concimi. Inoltre la qualità del caffè è sicuramente superiore, anche se minore la produzione in termini di quantità per ettaro.
Per il futuro si assiste ad una forte accelerazione verso gli Specialty.
Il caffè etiope rimane il caffè che ha più bisogno di salvaguardia in tutta l’Africa, ricordiamo che in Etiopia esistono 42 varietà di Arabica classificate e centinaia in corso di classificazione, ma per far ciò bisognerà attuare in quel paese una politica di protezione ambientale e una rimodellazione dei processi di lavaggio e fermentazione ancora troppo tradizionalisti e di forte impatto ambientale.
In Etiopia il caffè è coltivato da migliaia di piccoli agricoltori e il sistema delle cooperative sembra che stia dando i migliori risultati, ma anche da parte dei privati si assiste ad un movimento più attento alle tematiche sociali e ambientali.
Questa è la migliore occasione per rivedere le nostre abitudini e per consumare e non solo desiderare caffè prodotti sotto l’ombra degli alberi, organici e lavorati in maniera sostenibile (mi riferisco in particolare modo al tema del consumo di acqua nel lavaggio e della sua dispersione nell’ambiente). Inoltre potrebbe essere una grande occasione per rivedere tutto il sistema dei mono-porzionati a favore di altri metodi di estrazione come moka, espresso, filtro e così via.
Un ultima menzione per il miglioramento tecnico e tecnologico dei processi va fatta a Panama e al Costarica.